Contromano - Il viaggio di Gianpaolo Colucci (Echos edizioni)

Abbandono (temporaneamente) la lettura "al femminile" e decido di avventurarmi nella storia raccontata da Gianpaolo Colucci nel suo primo romanzo Contromano - Il viaggio edito da Echos Edizioni nel 2017.
Mi smarrisco nel mio solito rituale iniziatico: prendo il libro, leggo biografia dell'autore e sinossi, sfoglio qualche pagina, mi sforzo di non andare a sbirciare l'ultima frase.
Scopro subito che non solo è stato scritto da un uomo, ma parla di uomini, tre in particolare, le cui vite si intrecciano per mano abile di un invisibile burattinaio quando uno dei tre la perde a causa di un male incurabile.
Michele, Mimmo e Saverio, sullo sfondo Matera prima dell'ubriacante sfavillio del 2019, l'Inghilterra e il Brasile, terra di emigranti lucani.
Il viaggio materico lascia subito il posto a quello esistenziale e, per Michele, relazionale.
La morte spezza la relazione tra padre e figlio, ma un sapiente intreccio narrativo, scritto con penna leggera e dettagliata (complice la competenza di Gianpaolo come guida turistica e la sua passione per la fotografia) farà sì che proprio quel padre scomparso, muovendo le pedine giuste sulla scacchiera, condurrà il figlio a ricomporre i pezzi del puzzle.
Michele personaggio ostico, ritroso, schivo, a tratti burbero, scorbutico, dovrà fare i conti con un passato dolorosamente taciuto e che, una volta svelato, gli servirà a illuminare le zone di ombra della sua vita, almeno di quella vissuta sino a quel momento.
Sarà l'amico del padre Saverio, un Virgilio anglo-lucano, che gli darà le chiavi del mondo di Mimmo, mentre Serena, la sua Beatrice 2.0, gli comprerà il biglietto per partire.
E mentre lui viaggia e scopre, succederanno altri fatti che contribuiranno a completare il suo inaspettato percorso di cambiamento.
Il libro è assai gradevole e la storia ben costruita; il finale rimanda alle commedie americane piene di buoni sentimenti, dopo peripezie amorose, cuori infranti, corse in stazione per fermare un treno, e magari lo scrittore pare avere ecceduto nell'happy ending.
Ma sarà poi vero che il libro appartiene ai lettori e non allo scrittore?
Non sarà che Gianpaolo ha voluto regalare proprio tutto quel calore umano al suo personaggio, sempre silenzioso, freddo, scontroso? A Michele che pensava di saper vivere, ma non aveva ancora vissuto?
E allora lascio che sia lo scrittore a scegliere la sorte delle sue creature e, mentre cerco di tenermi lontana dalla tentazione di raccontare le esistenze resilienti delle donne di questo libro - da Michela a Filomena, da Rosaria a Vanessa - torno a lodare la capacità di Gianpaolo nel raccontare la sua Matera, un Giano bifronte, l'anno 2019 a fare da spartiacque tra una lunga storia di abbandono e miseria e il presente vitale, musicale, turistico...la vergogna d'Italia divenuta capitale europea della cultura.

In giro per la città con Michele e Saverio, diventa del lettore lo stupore di quelle persone anziane che "si meravigliavano di tutto quello che stavano creando nei Sassi. Era inconcepibile per loro l'adorazione di tanta bellezza, perché le testimonianze di vita in quella grotte erano drammatiche. I ricordi che avevano erano legati all'estrema povertà, alla fame e alle malattie"
Un libro sul cambiamento, sul passaggio, sul coraggio di "varcare quel confine" perché la vita non passi "aspettando che un giorno accada qualcosa" consapevoli chela stessa può sempre e ancora regalarci doni inattesi.
Maria Lovito