Di spalle al vento di Gianluca Bruno (Edigrafema Edizioni)

"Mi sono lasciato tentare dalla scrittura", ha dichiarato Gianluca Bruno, giornalista lucano, all'uscita del suo primo romanzo Di spalle al vento, edito dalla casa editrice materana Edigrafema, per la quale l'anno che sta finendo si è rivelato ricco di nuove e interessanti pubblicazioni.

La tentazione ha lasciato spazio a un esercizio di scrittura che merita attenzione.
Lo stampo giornalistico è lampante e schietto, va alla ricerca di citazioni colte e aderenti al pensiero del personaggio principale, Andrea Maria Vitale, che occupa con corpo e mente gli spazi narrativi e che si disvela senza incertezze un uomo impegnato, intenso, controcorrente, lacerato da profondi traumi celati dietro insoddisfazioni mai raccontate. A volte burbero, distante, distaccato, emotivamente freddo.
Ma quando la stessa scrittura si rilassa, abbandona riserve e difese, il racconto si fa commovente e si apre a tratti poetici (colpisce l'uso di termini quali ninnare, ruscellare...) grazie ai quali il lettore va incontro al personaggio per abbracciarlo e per fare con lui un pezzo di strada, della sua strada.
Molto utili allo sviluppo della storia gli amarcord evidenziati in corsivo: l'autore si ritira nell'intimo di Andrea e questi gli confida ogni più nascosto pensiero, ogni più inespresso desiderio, ogni più intimo segreto.
Un uomo ancora giovane, un giornalista impegnato, una moglie all'apparenza distante e una figlia, Carlotta, a cui destina il suo amore smisurato. Radici lucane, trasferitosi in Liguria dopo un episodio estremamente traumatico che determinerà lo smembramento della sua famiglia di origine. Un Sud amato e odiato come spesso accade a chi ha dovuto cambiare casa e paese senza potere scegliere.
Il repentino irrompere di una pericolosa diagnosi manda all'aria gli schemi precostituiti e banali, sempre uguali, della sua vita. Di fronte alla prospettiva di un futuro a breve scadenza decide di lasciarsi alle spalle l'incompiuto e di riallacciare il legame con il passato che egli stesso si era negato per non darsi spiegazioni dolorose.


Lascia la Liguria e torna in Basilicata.
A Rotondella si aprono le porte di una casa rimasta sospesa in una bolla che nessuno ha avuto il coraggio di scoppiare, sommersa dalla polvere padrona incontrastata dei ricordi di Andrea.
Non sarà un viaggio sereno, il tempo non ha cambiato solo lui, molti non ci sono più, quelli rimasti non sono più gli stessi, cambiati in meglio o in peggio.
Sola e incontaminata resta la bellezza struggente dei luoghi: le colline dolci alle spalle e la linea del mare all'orizzonte da quel balcone sul belvedere, che, ancora oggi e sempre, è capace di mozzare il fiato allo spettatore.

Andrea sarà il tramite tra due regioni lontane, la sua malattia sarà il simbolo della stessa malattia che affligge quei luoghi, dall'inquinamento - che dalla Basilicata proviene da zone limitrofe, non senza punta polemica per le barre di uranio dell'ex CNEN - e dall'incuria e dal disinteresse per la tutela del territorio e dei suoi manufatti (rievoca in maniera drammatica l'autore il terremoto dell'Irpinia e il crollo del Ponte Morandi, raffigurato pure in maniera delicatissima in una copertina pulita e accattivante).
E' un Pereira al contrario Andrea Maria Vitale: se il primo è debole e indeciso, il secondo è da subito un uomo risoluto nonostante le sue lacerazioni. Tuttavia, entrambi decidono all'improvviso di volere scoprire cosa si celi nella loro propria anima e, mentre sono alle prese con questo viaggio intimistico, scoprono e fanno scoprire la doppia faccia delle loro terre di origine, amate e mai dimenticate.
"Queste terre del Sud dal fermento pressato, dalla laboriosità silenziosa, sono un capitolo del libro che bisogna leggere e far leggere - controvoglia - per onorare la storia di gente che non ha atteso il mio ritorno".
Maria Lovito