Donatella Colasanti e Tina Lagostena Bassi, l'avvocato delle donne

13.11.2020

Digitando "massacro del Circeo", la rete rimanda con la sua ormai nota rapidità la fotografia in bianco e nero del volto e del corpo tumefatto, gli occhi vuoti e terrorizzati di una giovanissima donna, che due uomini aiutano ad uscire dal cofano di un'auto, dove la stessa era stata rinchiusa, creduta oramai morta, come la sua amica, in un sacco.

Lei è Donatella Colasanti, la sua amica Rosaria Lopez, rispettivamente 17 e 19 anni.

Sono le vittime del fatto di cronaca più allucinante del dopoguerra, così titoleranno i giornali dell'epoca.

E' il 1 ottobre 1975 quando le due ragazze, convinte di andare a una festa , seguono in una villa al Circeo tre giovani della "Roma bene", che le sottoporranno a 36 ore di torture bestiali, uccideranno Rosaria e, convinti di avere ucciso anche Donatella, le avvolgeranno in sacchi di plastica, le chiuderanno nel bagagliaio dell'auto di uno dei tre e andranno a cenare in una pizzeria nei pressi di via Pola.

Ma Donatella è viva, riuscirà a farsi sentire da un vigile notturno che apre quel bagagliaio e la salva.

Gianni Guido e Angelo Izzo saranno arrestati mentre Andrea Ghira fuggirà per non essere mai catturato.

Saranno condannati al carcere a vita al processo di primo grado che inizierà nel luglio 1976.

In appello nel 1980, la famiglia Guido pagherà ai familiari della Lopez un cospicuo risarcimento, la pena gli sarà ridotta a trent'anni e sarà scarcerato per fine pena nel 2009.

Izzo sconta un altro ergastolo.

Ghira è morto in circostanze misteriose.

Donatella è deceduta per un tumore al seno nel 2006.

Voleva giustizia Donatella, e non cessò mai di chiederla.

Salì al banco dei testimoni da sola con al fianco l'avv. Tina Lagostena Bassi, che diverrà poi autrice di un volume che resterà nella storia della letteratura di genere, L'avvocato delle donne.

Di questa turpe esperienza resterà una controversa intervista a Donatella del giornalista Enzo Biagi e un processo in cui la sua reputazione fu fatta a pezzi; la difesa puntò tutto sui presunti facili costumi delle vittime.

Al suo desiderio di giustizia andò contrapponendosi l'ignoranza, la strumentalizzazione, l'attenzione morbosa ai dettagli di quelle 36 ore.

Guido, Izzo e Ghira non erano tre ragazzi qualsiasi, erano i bravi ragazzi del quartiere Parioli, figli di famiglie facoltose e potenti, intoccabili.

Il fatto susciterà indignazione e molti interrogativi.

Al processo il PM definirà il massacro del Circeo come il delitto del più forte sul più debole, del maschio sulla femmina, del giovane dei Paioli su quello della borgata.

Ne scriveranno grandi e autorevoli voci, meravigliate e sorprese.

Italo Calvino racconterà di un delitto avvenuto in un clima di permissività assoluta, di irresponsabilità sociale.

Pier Paolo Pasolini, sdegnato, parlerà di città corrotta, di macerie di valori umanistici e popolari, dell'affermazione di una cultura in cui tutto è possibile.

Ma la storia che si vuole raccontare oggi è un'altra.

Con inedita dignità, Donatella e Tina Lagostena Bassi iniziarono una lotta impari per raccontare una verità inaccettabile nel suo orrore.

Con l'appoggio incondizionato e appassionato dei movimenti femminili e femministi, l'avv. Lagostena Bassi si batté strenuamente per dimostrare all'Italia tutta che la violenza era da sempre un mezzo di controllo, un'espressione di disprezzo, una forma di comunicazione.

Seppe rivelare, udienza dopo udienza, la cruda realtà di un dibattimento processuale costruito contro la donna, infarcito di argomentazioni patriarcali e stereotipati, che davano risalto alla vittima (puttana, bugiarda, e mitomane) e non a quello del colpevole.

Nelle sue arringhe, l'avv. Lagostena Bassi così argomenterà:"perché se l'oggetto del reato è una donna in carne ed ossa, ci si permette di fare un processo alla ragazza? E questa è una prassi costante: il processo alla donna. Il vero imputato è la donna. Una donna ha diritto di essere quello che vuole, senza bisogno di difensori. Io sono l'accusatore di un modo di fare processi per violenza".

Il coraggio di Donatella, e di altre dopo di lei, la tenacia di Tina Lagostena Bassi e la solidarietà delle femministe agirono come stimolo e incentivo per le tante donne che avevano paura di denunciare.

Ma bisognava cambiare la legge che considerava la donna un oggetto e lo stupro un'offesa alla moralità pubblica e all'onore.

Ci vollero più di quindici anni per cambiarla, per affermare che la vittima di stupro è una persona.

La legge 15 febbraio 1996, n. 66 ha riconosciuto che la violenza sessuale è reato contro la persona (art. 609 bis e segg.c.p.).

Ho cercato in rete un'altra immagine di Donatella, che non fosse quella di un corpo sanguinante e deturpato, di occhi da animale braccato.

Una foto che la ritraesse sorridente, ben vestita e pettinata, magari truccata.

Non ne ho trovata neppure una.

Maria Lovito



Bibliografia:

  • www.misteriditalia.it (Archivio storico giornalistico diretto da Sandro Provvisionato)
  • Massacro del Circeo e il processo a Donatella Colasanti, vittima "troppo fastidiosa", Ilaria Maria Dondi, www.robadidonne.it, 20.12.2019
  • Tina Lagostena Bassi, Elli Sensi Pecora, www.pasionaria.it, 02.03.2016
  • L'Italia mancata. Il massacro del Circeo e le lettere luterane di Pasolini, www.statoquotidiano,
  • "Puttana, bugiarda, Mitomane" I processi per stupro in tv, Mihela cerocchi, www.storieinmovimento.org
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