Donna Giovanna di Daniela Cicchetta

Nel 1632 Tirso de Molina, prelato e scrittore colto e rispettato, scrive una commedia che darà i natali a uno dei più celebri personaggi letterari, don Giovanni Tenorio, a tutti ancor oggi noto semplicemente con don Giovanni, nella felice trasposizione musicale di Mozart nel 1787.
Don Giovanni, come Casanova, diventa sinonimo di donnaiolo, sciupafemmine e nessuno scandalo suscita rivolgere tale appellativo all'indirizzo di un uomo neppure ai tempi nostri.
Don Giovanni è un libertino, passa il suo tempo a sedurre donne e a scontrarsi con i rispettivi uomini, non ha alcun rispetto della legge né umana né divina.
Si muove ardito nella Spagna dell'Inquisizione, quando alle donne, aristocratiche e borghesi, era concessa la sola prospettiva di diventare buone mogli.
E mentre sul rogo bruciano le streghe e la sodomia è peccato e gravissimo reato, non fa scandalo che un uomo passi così il suo tempo né che un prelato ne scriva le avventure piccanti in una commedia!

Al contrario, che guaio, com'è compromettente che una donna bella, procace, altera e coraggiosa, nel suo abito elegante e provocante, faccia il suo ingresso in una polverosa aula di tribunale e decida di denunciare lo stesso prelato di plagio e di rivendicare i diritti economici per lo sfruttamento della sua commedia o meglio, del suo contenuto.
Dalla fervente fantasia di Daniela Cicchetta, scrittrice romana (sono suoi Matelda cammina lieve sull'acqua e Doppio legame), nasce Donna Giovanna e il suo incedere in quell'aula capovolge prospettive traghettatesi fino a qui calme, intonse, stucchevoli e stagnanti.
Chi è questa donna dai seni voluttuosi che il corsetto quasi fatica a contenere?
Che vuole questa donna da un giudice in affanno, timoroso di perdere la sua lucidità alla vista di quella creatura spavalda?
In una divertente inversione di genere (il pensiero va timido a un certo Orlando), Daniela immagina che non ad un uomo appartengano le storie narrate da Tirso de Molina ma ad una donna e che quelle storie il buon prelato le abbia apprese direttamente da lei, Donna Giovanna, nel segreto di un confessionale (sic!).
La tesi difensiva di Donna Giovanna è chiara: Tirso de Molina da prete ha violato le sacre regole del sacramento ( e chissà che fantasie si sono accese nel suo immaginario!) e da scrittore ha raccontato avventure seducenti non sue, dietro lauti compensi.
Le spetta, dunque, un ristoro economico o, ancor di più, che il seduttore diventi la seduttrice, che si cambi il titolo della commedia.

Donna Giovanna in quell'aula è sola!
Nessun avvocato ha accettato di difenderla.
Dinnanzi a lei un intero plotone d'esecuzione.
Dita puntate e abilissime a ribaltare l'oggetto del contendere, a tramutare la vittima in carnefice complice il rimando confortevole a norme rigide e a divieti inespugnabili.
"Lo sa in che guaio si sta cacciando con questa sua confessione?"
"Lo sa in che situazione si sta compromettendo?"
"Lei mi sta parlando di comportamenti lascivi e contro natura!"
Così il Giudice prova a colpevolizzare la vittima in un gioco alla semplificazione, alla ridicolizzazione, alla banalizzazione, che si ripete (spesso) ancora oggi quando a rivendicare diritti è una donna.
"No, io le sto parlando di plagio, il motivo per il quale siamo qui".
Donna Giovanna alza il mento, sfida gli uomini che la ascoltano increduli svelare la sua omosessualità e guarda dritto davanti a sé.
Non è me che dovete accusare
Non sono io che devo essere condannata
Ristabilisce i ruoli delle parti: è quell'uomo che ha carpito le mie confessioni intime e ne ha fatto materia per una commedia, ha riscosso un enorme successo, ha guadagnato tanto denaro.
E' di questo che parliamo, non delle mie pulsioni, non dei miei desideri, non del mio amore per altre donne.
Questo è il petitum del processo.
Questo rivendica, la paternità (ops... la maternità) dell'opera.
"Non mi fermerò nel perseguire questo plagio a costo di rimetterci la reputazione o finanche la vita!". Daniela non ha scritto la sentenza che porrà fine a questo processo.
Al brusio diffuso nell'aula e al fragore di porte sbattute farà seguire la melodia del battito delle mani di una donna elegante e di quello di altre donne strizzate nei bustini di velluto con le maniche a sbuffo.
Il finale è il vero inizio!
Maria Lovito

Donna Giovanna
«"Quindi, lei mi sta dicendo che le donne sedotte da Don Giovanni, la duchessa Isabela e tutte le altre, nobili e popolane che fanno parte del repertorio amoroso, sono sue avventure?...»
"Orbene, signor Giudice e signori della
Giuria, non vi basta la vista dei seni dal corsetto per appurare la mia
femminilità? Devo sollevare anche la gonna per dipanare i vostri dubbi?"
"Donna Giovanna, non oltraggi la corte oltremodo! La sua posizione è già
ambigua e compromessa" il giudice inserì un dito nella gorgiera, gli sembrava
che l'aria non fluisse nei polmoni, emozioni contrastanti rischiavano di
invalidare la sua lucidità.
"Sta mentendo!" urlò Tirso de Molina rosso in volto, subito quietato dal suo
avvocato.
Un brusio si diffuse nell'aula, alcuni uscirono scandalizzati, la porta si
richiuse con fragore e il giudice consultò la corte, mentre Donna Giovanna
alzava il mento e lo sguardo, in aria di sfida.
"Quindi" riprese il pubblico ufficiale "lei mi sta dicendo che Tirso de Molina,
pseudonimo di Gabriel Téllez, autore de Il seduttore di Siviglia e convitato di pietra,avrebbe
plagiato la sua persona per creare il personaggio di Don Giovanni Tenorio,
seduttore e libertino? Si rende conto della gravità della sua dichiarazione?"
"E lei, Vostro Onore; si rende conto che il de Molina ha messo in scena le mie
avventure, facendone una commedia di successo, senza riconoscermi nulla se non
la beffa di essermi fidata di lui nella confessione?"
"Tirso de Molina è un religioso e una persona degna di gran rispetto!" ribatté
l'avvocato della controparte, alzandosi dal banco e arrivando fino alla seduta
centrale, dove Donna Giovanna aveva gli occhi addosso di tutta la corte "e un
religioso non può tradire un segreto da confessionale, come lei sta
dichiarando"
"Infatti, non lo ha solo tradito, lo ha anche messo in scena! Quando sono
andata alla prima della sua opera teatrale, alla quale non mi aveva invitata,
capii il perché. Aveva fatto sceneggiatura di tutte le avventure che gli avevo
raccontato in un momento di segreta confessione"
"Quindi, lei mi sta dicendo che le donne sedotte da Don Giovanni, la duchessa
Isabela e tutte le altre, nobili e popolane che fanno parte del repertorio
amoroso, sono sue avventure?"
"Certo che sì, ne ha cambiato solo i nomi. Tutto è molto fedele a quella verità
che scelsi di confidargli, non tanto per alleggerire l'animo mio, ma per avere
il perdono del divino su qualcosa che mi appartiene come naturale"
Il giudice rimase in silenzio, rileggendo il libretto. "lei mi sta dicendo che
si è finta sposo della duchessa Aminta? Impossibile!"
"Non si chiama così e non posso rivelare il vero nome, ne andrebbe della sua
reputazione, oggi è una donna sposata con figli. Quella storia risale ad anni
fa e non mi finsi suo sposo, ma la portai via da colui che avevano a lei
destinato per salvarla da un matrimonio infelice. Infatti, poco dopo, convolò a
nozze con un altro"
"E la sedusse?"
"Non so dirle se fui io a sedurre lei o se il desiderio appartenesse a quella
magica alchimia che fa di due corpi una sola anima. Comunque, sì! Se è questo
che conta per la corte!"
Le parole ignominia, vergogna, sgualdrina,riempirono
la sala, mentre Donna Giovanna guardava dritta davanti a lei, incurante di quelle
voci che la stavano incasellando in qualcosa di osceno.
"Lo sa che questo è reato? Qualsiasi tipo di attività sessuale non destinata a
facilitare la nascita viene giudicata come peccaminosa e contraria alla legge
divina. Due donne, poi! Lo sa in che guaio si sta cacciando con questa sua
confessione? E mi dica, è vero anche di Donna Aminta?"
"Certamente, e anche di tutte quelle citate nel libretto dell'opera che ha
davanti ai suoi occhi, signor Giudice, quelle che lui ha chiamato Tibea,
Belisa. E altre ancora, vostro Onore! Ma le vorrei ricordare che è impossibile
per due femmine procreare." lo disse con tono di voce deciso, volgendo lo
sguardo altero verso la platea incredula.
"Lei mi sta parlando di comportamenti
lascivi e contro natura!"
"No, io le sto parlando di plagio, il motivo per il quale siamo qui e per il
quale vorrei un riconoscimento economico. La commedia ha avuto un gran successo
in Spagna ed è stata rappresentata nei più importanti teatri e sono certa che
questo personaggio, Don Giovanni Tenorio, che da me prende il nome e le gesta,
ma che è stato trasformato in uomo, diverrà ispirazione per altri grandi opere.
E io ne rivendico la paternità, rubata in un confessionale! O maternità, se
preferite! Vostro onore, non è me che dovete punire ma Tirso de Molina che ha
abusato dei poteri di uomo di fede per innalzare la sua posizione di scrittore
con una storia che non nasce dalla sua mente, ma dal furto delle mie esperienze
di vita!"
"Lo sa in che situazione si sta compromettendo?" il giudice la guardava
incredulo, non riusciva a credere che preferisse dichiarare amene oscenità per
riscattare un plagio. Chiunque lo avrebbe tenuto segreto.
"Certo che lo so, l'ho capito quando nessun avvocato mi ha voluta difendere.
Sono una donna e ragiono come un uomo, vostra Signoria. Cosa c'è di male se la
mia natura è questa? Lei ama le donne, signor Giudice?"
"Cosa c'entra, ora? Mi rifiuto di cogliere le sue provocazioni!"
"E lei?" chiese rivolta a un membro della giuria. Non ricevendo risposta,
guardò i giurati, tutti uomini, uno a uno, e fece la stessa domanda.
"Cosa c'è di più sensuale di uno sguardo di femmina innamorata? Della ritrosia,
dolce terreno dove avanzare decisi, in attesa che quel corpo si mostri a te
nella sua nudità. E il profumo di capelli lunghi e mossi che rilasciano al loro
passaggio una scia di dolce unguento, panacea per i mali della vita. E i baci,
i baci rubati con il cuore che batte forte per la passione, accentuata dal
sapere che stai facendo qualcosa di trasgressivo... non è su questo che Tirso de
Molina, ha fondato il successo del suo personaggio? Pensate che un prelato
possa aver provato queste sensazioni? E se sì, non è perseguibile lui? Non
credete, invece, che le abbia accese io nel suo immaginario, con la
consapevolezza che il mio desiderio era uguale al suo? Sì, sono una donna che
ama le donne. E chiedo ricompensa o verità. Null'altro!"
"Cosa intende?" il giudice era interdetto, un nuovo brusio si sollevò, alcune
gentildonne entrarono dalla porta in fondo alla sala, si guardavano curiose.
"Voglio un risarcimento economico per l'opera del mio intelletto, ma ancor di
più, e potrei rinunciare ai soldi per questo, vorrei che l'opera diventasse La
seduttrice di Siviglia e convitato di pietra.Non
mi fermerò nel perseguire questo plagio, a costo di rimetterci la reputazione,
della quale nulla mi importa, o finanche la vita! Donna
Giovanna Tenorio,è
questo il nome della grande seduttrice!"
Dal fondo dell'aula si sollevò un applauso mite, isolato; si voltarono tutti:
il Giudice, il Pubblico Ministero, la
Giuria e quelli seduti nei banchi.
Apparteneva a una dama elegante dagli occhi trasognanti, al quale, ben presto,
si unì, come in una melodia, quello di altre donne strizzate nei bustini di
velluto con le maniche a sbuffo.
Daniela Cicchetta (diritti riservati)
