Giuliano di Gore Vidal

Nella seconda metà del IV secolo l'Impero Romano era uno stupendo palazzo trisecolare i cui tetti dorati stavano vacillando a causa di un incendio ingovernabile che crepitava dalle fondamenta.
Entro la cornice storica di quel secolo in crisi si svolge uno dei romanzi più belli e più colti del Novecento, Giuliano di Gore Vidal, opera monumentale sulla figura, poco conosciuta, dell'imperatore che tentò di restaurare il culto degli dèi.
Nel 1959 il newyorkese Gore Vidal si era trasferito in Italia, prima a Roma poi a Ravello, sulla costiera amalfitana e al termine di un quinquennio dedicato allo studio dell'età tardoantica, nel 1964 pubblica Giuliano.

Flavio
Claudio Giuliano nacque a Costantinopoli e da ragazzo abitò a Nicomedia,
Pergamo, Efeso, Atene, Milano, Como, Torino, Colonia, Parigi, Sirmio, Eraclea
in Bitinia, Antiochia e Tarso. Non vide mai Roma.
Dotato di una intelligenza acutissima, avido di libri, costituzionalmente incline al pensiero filosofico, ascese al principato all'età di trent'anni e morì trentaduenne.
Conobbe le contingenze politiche del suo tempo dall'interno, ma non le comprese.
Il futuro imperatore aveva ascoltato, e in Oriente e in Occidente, gli ultimi abitanti dell'Impero vantarsi di nomi ridicoli, guardò cupamente la lussuria sessuale dei nobili, l'avidità dei ricchi, l'inutile vita dei plebei dissipata tra mescite di vino e corse all'ippodromo, i raffinati giuristi che nel Foro recitavano a memoria Gaio e di notte, travestiti da donna, si aggiravano nei peggiori lupanari.
L'Impero stava bruciando assediato dai barbari: Galli, Unni, Alani, Persiani, Saraceni, Sassoni, Alamanni, Sciti, Ircani, Sarmati, Quadi Burgundi e Scordisci.
La trama del romanzo è semplice ma superba allo stesso tempo.
Come fili diversi dello stesso patchwork, le voci di Prisco e di Libanio, amici di Giuliano, si incontrano e si fondano in uno scambio epistolare a quasi vent'anni dalla morte dell'imperatore.
La storia ha inizio nel 380, a pochi giorni dall'emanazione del celebre Editto che aveva relegato ogni fede religiosa diversa dal Cristianesimo alla categoria dell'eresia.
I due amici si propongono di pubblicare le memorie del defunto Giuliano a difesa della libertà di pensiero, di culto, di speculazione filosofica, ultimo presidio contro la visione di regime imposta da una classe dirigente completamente (s)venduta, per opportunismo e per moda, alla nascente potenza ecclesiastica.

Perché le memorie di Giuliano?
Perché rievocare dalle nebbie del Passato l'immagine di un Augusto minore la cui fama
era legata al solo epiteto, spregiativo, di Apostata?
Il lettore lo scoprirà fin dall'inizio. Fin dallo slogan che Libanio rivolge all'amico Prisco per la ricostruzione della storia: "Quindi intrecciamo un'ultima ghirlanda d'apollineo alloro per incoronare la fronte della filosofia, come gesto coraggioso contro l'inverno che minaccia questa burrascosa stagione del mondo. Voglio che i posteri si rendano conto delle speranze che avevamo e che vedano come il nostro Giuliano fosse quasi riuscito a debellare il morbo galileo."
Angelo Zito