IL BAMBINO CHE DISEGNAVA LE OMBRE di ORIANA RAMUNNO (Rizzoli)

04.09.2021

Un medico muore in uno squallido ambulatorio del campo di sterminio ad Auschwitz nel dicembre del 1943. Un bambino, Gioele, ivi deportato con il fratello gemello e i suoi genitori, di cui però ha perso le tracce, trova il corpo e, avvalendosi della sua straordinaria capacità creativa, riproduce la scena del crimine con fedeltà spettrale. 

Occorre trovare l'assassino e che non sia tedesco. 

Per questo i capi di Berlino spediscono al campo Hugo Fischer, criminologo ariano, il migliore sulla piazza, con il compito di indagare, risolvere il mistero, assicurare alla giustizia il criminale, e sopratutto tacere su quanto vedrà in quei sordidi luoghi. 

Natale è vicino e Hugo Fischer arriva ad Auschwitz: si spalancano per lui le porte dell'Inferno e quelle di tutti i personali Inferni in cui bruciano le esistenze dei numerosi personaggi che affollano questo libro. 

Non ultimo del suo. 

  

Il bambino che disegnava le ombre, edito da Rizzoli, è il primo romanzo di Oriana Ramunno. 

Nata in Basilicata, vissuta a Berlino per qualche tempo, studi classici e specializzazioni universitarie sul tema della deportazione e dello sterminio degli Ebrei, Oriana Ramunno supera i confini del noir storico, in cui chi recensisce vuole confinare il suo bellissimo romanzo, ed esplora con impressionante acume psicologico persone e personalità, fino a che la disamina diventa collettiva, si fa storica, filosofica e sociologica. 

L'esperienza della deportazione vista con gli occhi dei Tedeschi, quelli che ci credevano sul serio, quelli che, come Fischer, la lambivano ai margini per acritica adesione e per personale quieto vivere, quelli che la combattevano. 

Da fuori e da dentro i campi. 

L'autrice svela così piano piano che, all'interno di quell'assurdità disumana, esisteva una resistenza organizzata, pronta a esporsi a indicibili pericoli ma pronta a tutto pur di salvare anche una sola  vita. 

    Il romanzo, inoltre, getta luce su altri aspetti inediti e poco raccontati della vita nei campi di sterminio. 

La prostituzione femminile delle prigioniere ridotte a schiave del piacere degli uomini e solo in apparenza privilegiate rispetto alle donne che restavano nei blocchi: pativano indicibili torture, dovevano assoggettarsi alle più turpi depravazioni dei loro clienti, contraevano malattie che a nessuno interessava curare e che le condannavano a morte come quelle destinate alle camere a gas. 

La realtà degli ambulatori medici, dove serpeggiava il sospetto di esperimenti di vivisezione sui bambini, divenuta nella cerchia degli scienziati accreditati centro di eccellenza ambito da chi volesse praticare la nobile arte della medicina. 

La vita ordinaria delle gerarchie tedesche che gestivano una organizzazione capillare e disumanizzante all'interno di quelle odiose strutture: soldati di vario grado e uomini di potere, con le loro famiglie perfette e allineate, continuavano le loro esistenze serene sotto lo stesso cielo dal quale pioveva la cenere dei prigionieri gasati ogni giorno nel silenzio generale. 

E' Natale nel campo, dicevamo prima. 

Hugo Fischer festeggia con questo manipolo di folli e con i loro bambini che attendevano, innocenti, che le candele dell'albero venissero accese per bere bevande calde, intonare i canti della tradizione e scartare i doni. 

Ma a quel punto, la misura sarà colma per la sua anima schiacciata sotto il peso di quelle troppo pesanti rivelazioni. 

La marea che lo agita giorno e notte sale sempre di più e non si ritrae. 

Fischer comprende che è arrivato per lui il momento di re-agire per aiutare Gioele, per opporsi al male che lo circonda, per fare pace con un passato troppo carico di omissioni e di reticenze. 

Sarà il suo il viaggio dell'Eroe, come ha detto la stessa autrice, descritto con una penna metallica, una lama affilata che penetra l'immaginazione - ma anche il cuore - del lettore, un calamaio intinto nella pece, per descrivere un momento storico rispetto al quale non ci possono essere pietismi o false edulcorazioni. La scrittura di Oriana Ramunno è solida e decisa, nasce, si sviluppa e si evolve su una scala cromatica di grigi e neri e, di tanto in tanto, si apre al bianco della neve sovrana di Auschwitz, della quale si riesce a percepire il freddo inclemente, e poi al rosso del sangue delle vittime che in quella neve provoca rivoli come ferite di dolore lacerante, vomitevole, muto. 

Il dolore di Hugo Fischer che diventa il dolore di ogni lettore.     

M.L.


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