Inclinazioni. Critica della rettitudine, Adriana Cavarero (Raffaello Cortina editore)  

27.01.2021

Il testo di Adriana Cavarero fornisce un esempio di decostruzione del pensiero filosofico soprattutto novecentesco a partire dalla postura del soggetto pensato sempre retto e corretto, mai inclinato o curvo perché il valore simbolico e metaforico di questo atteggiamento ha tratti di forte svalutazione, come suggeriscono le parole torto, storto, contorto, tortuoso o curvo: ciò che non è retto è deteriore, sospetto, pericoloso, sbagliato, appunto scorretto.

Partendo dalla critica della rettitudine l'autrice si inoltra in un percorso di analisi spietata e rigorosa di un certo tipo di pensiero e di chi lo ha più efficacemente rappresentato, passando in rassegna autori fondamentali che hanno pensato il soggetto filosofico al centro della loro riflessione come un individuo generalmente maschile dalla postura verticale, diritta, tutta protesa al raggiungimento di mete ed obiettivi posti in alto o inesorabilmente di fronte: in sostanza, l'uomo vitruviano, meridiano, giovane, potente, autarchico, solo e inflessibile.

Da questa riflessione resta esclusa una dimensione dell'umano che invece è legata ad una postura inclinata, flessa che rende possibile la relazione come dimensione autenticamente umana: la specie umana è relazionale per definizione, costruisce reti di senso e oggetti culturali perché sa cogliere i nessi, i rapporti orizzontali non solo verticali. Chi sa flettersi può voltarsi ad aspettare chi resta indietro, sa chinarsi sul piccolo, sul vulnerabile, sul vecchio, sa prendersi cura della fragilità. La postura curva include, nella rappresentazione dell'umano, anche le età delicate della vita: quella infantile e quella senile che la postura retta protesa al profitto, all'efficienza, alla produttività scarta come irrilevante, inutile, debole.

Nel suo affondo denso di riferimenti e straordinariamente ricco, l'autrice apre con un'opera d'arte efficace per rappresentare l'atteggiamento posturale retto: due dipinti dell'autore Barnett Newman intitolati Adamo ed Eva; nel primo, dedicato ad Adamo, sul fondo brunastro spicca un'asta rossa verticale, dominante; nel dipinto dedicato ad Eva, prevale, invece una deprimente monocromia interrotta da una tenue linea nera che confina con il bordo della tela. La postura che spicca è quella che l'autrice chiama la sbarra di Adamo.

I. Kant
I. Kant

In secondo luogo la Cavarero affronta filosofi come Kant e Levinas smascherando la matrice selettiva e patriarcale della loro riflessione. In Kant alla svalutazione del femminile si accompagna quella della relazione madre figlio: Kant interpreta il pianto del neonato come una protesta per la propria mancanza di autonomia dal materno e come un aspirazione frustrata al raggiungimento della piena indipendenza che può fare a meno di donne e bambini. Kant esalta un soggetto pienamente razionale, autocratico sostanzialmente allergico alle relazioni. Dietro c'è la paura dello sbilanciamento verso l'altro perché "ogni inclinazione ci sporge all'esterno, ci porta fuori dall'io".

V. Woolf
V. Woolf

Una intuizione della sostanziale disumanizzazione di un pensiero simile è colta con efficacia da Virginia Wolf che riflette sulla letteratura solo al maschile e sulla rappresentazione grafica del pronome I in inglese maiuscolo, dominante e retto: I campeggia con la sua ombra lunga sulla pagina oscurando e avvilendo tutte le altre presenze.

Anche nella riflessione di Levinas, il filosofo del volto dell'altro, che dopo la Shoah reso ancora possibile il pensiero filosofico che ha posto alla base della sua riflessione l'umanesimo dell'altro uomo, si colgono elementi che rinforzano questa convinzione e la Cavarero con grande acume riesce a dimostrare come anche nel grande filosofo prevalga una visione androcentrica legata al vir nell'incapacità di pensare come soggetto anche l'alterità femminile.

M. Mead
M. Mead

Sapersi flettere e sbilanciare verso l'altro è l'unica postura che permette la sopravvivenza della specie: curvarsi è ciò che ha permesso la nascita della civiltà, come afferma l'antropologa Margareth Mead: la civiltà inizia dal femore rotto e sanato , dal non abbandono del vulnerabile, dalla presa in carico responsabile della relazione e della interdipendenza delle molte reciprocità asimmetriche che la Cavarero trova esemplificate mirabilmente nel dipinto Allegoria dell'inclinazione di Artemisia Gentileschi e nella posa della Madonna col Bambino di Leonardo- La madre tende le braccia al figlio permettendogli di muovere i primi passi curva verso di lui senza timore di perdere la postura retta, in un abbraccio non concentrico, ma ellittico che ha due fuochi in relazione tra loro, perché è questa inclinazione che ci consente di imparare a vivere.

Antonella Fucecchi 

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