L'uomo con la vestaglia rossa, Julian Barnes (Einaudi)

Julian Barnes ha scritto un libro per il lettore che ha un
debole per i dettagli inaspettati.
Servendosi di una miriade di fili colorati, l'autore tesse l'arazzo di un'epoca scintillante.
Il paragone col tessitore è voluto e necessario perché L'uomo con la vestaglia rossa è un saggio costituito da innumerevoli pezzetti narrativi, una miriade di fili appunto, che presi nella loro singolarità perdono totalmente la propria carica figurativa ma, collocati al punto giusto, nel grande ricamo letterario di Julian Barnes tornano a risplendere di luce propria nella pienezza di quell'arazzo.
Figura centrale e mezzo protagonista del libro è il giovane uomo, bello e impossibile, che John Singer Sargent aveva ritratto nel 1881, rivestito di una lunga vestaglia scarlatta, la cui fama tace al presente, non per altra causa se non che la celebrità degli uomini, come scrisse il Leopardi, dipende più da fortuna che da ragione. L'uomo del ritratto era un ginecologo francese di origini italiane e si chiamava Samuel Pozzi.
Il dottor Pozzi era un chirurgo, un positivista, un convinto liberale, un esteta, un filantropo, un collezionista di opere d'arte e di amicizie di alto rango, un accanito sostenitore della teoria evoluzionistica e della parità di genere, tradusse Darwin in francese e conferì alla ginecologia lo statuto di scienza autonoma che il baronato maschilista delle accademie e dell'università le aveva negato.
Ricercato dalle principesse anche per le sue abilità pionieristiche di chirurgo estetico, era applaudito dai principi per la sue capacità prodigiose nel fermare emorragie di sangue blu, severe conseguenze della liturgia del duello.
Colei che è ritenuta, da sempre, la più grande attrice del secolo diciannovesimo era sua amica, sua confidente, sua paziente. Fu sua.

Il dottor Pozzi curò l'anima e il corpo dell'attrice e lei coniò per l'amico il nickname Docteur Dieu. Un amico medico dotato di un'esuberante eterosessualità.
Pozzi era amico anche di quel conte la cui vita fu costantemente scissa tra due personaggi: il primo viveva in una storia che procedeva all'indietro, a ritroso; il secondo andava alla ricerca del tempo perduto. Questo conte fu il più grande dandy della Belle Époque e la sua immagine è rimasta impressa su due tele, manifesti indelebili di un'epoca irripetibile, opere di due artisti diversi: l'angloamericano James Abbott MacNeilWhistler e l'italianissimo Giovanni Boldini.
Un altro amico del dottor Pozzi fu quel principe che Tissot ritrasse sprofondato su di una poltrona della Rue Royal e perso nei suoi pensieri di esteta o di musicista senza troppe pretese la cui unica pretesa fu quella di aver inventato la scala ottotonica, già inventata da altri.
In compagnia del principe e del conte, l'uomo con la vestaglia rossa si concesse una gita a Londra, nel 1885, per acquisti "intellettuali e decorativi", è questo il dettaglio narrativo che apre questo il libro.
Da quell'episodio insignificante, un'inezia privata, un dettaglio personale di second'ordine, Barnes dipana il filo rosso che attraversa l'arazzo e che tiene stretti tra loro Henry James, Marcel Proust, la Tour Eiffel, Il ritratto di Dorian Grey, Oscar Wilde, il can can, i fratelli Lumières, i fratelli Wrigth, la radio di Marconi, Degas, L'Affaire Dreyfus, Joris-Karl Huysmans, il decadentismo, Richard Wagner, Jean Lorrain, Paul Valery, Gustave Flaubert, Lawrence Alma-Tadema, le suffragette, l'estetismo, la Coca Cola, Coco Chanel e la prima automobile.
La rappresentazione di un'Europa di pace, intellettuale e raffinata, ma anche esplosiva e nevrotica, destinata tragicamente a saltare in aria con la Prima Guerra mondiale.
Angelo Zito