Non è vero che non siamo stati felici, Irene Salvatori (Bollati Boringhieri)

08.01.2021

Heimat è parola tedesca per dire patria.

E' la città natale, il paese d'origine.

Heimat è anche casa.

Heimat è soprattutto Madre, tua Madre.

E quando la madre muore a causa del sopraggiungere di una malattia terribile, Heimat non è più, tu perdi le chiavi d'ingresso e, allora, siccome con lei non ci sarà più futuro, quelle stesse chiavi vai a cercarle nel passato.

Nel tuo e nel suo.

Nel vostro.

"Cerco la chiave per capire chi sono, mamma. La chiave che mi aiuti ad andare avanti una volta per tutte, senza sbagliare più strada, semplicemente avanti e nella direzione giusta".

Il lettore parte con questo scopo, in un ritorno al passato con una scrittrice, abilissima con le parole, Irene Salvatori nel suo "Non è vero che non siamo stati felici" (Bollati Boringhieri), lei, stavolta, capitan Nemo alla guida del suo Nautilus.

Irene è una traduttrice, viaggia da una lingua all'altra e , come scrive in un brano meraviglioso del libro, che è un gioiello di stile, acume, genio e creatività, alle sue parole fa indossare con cura e amorevole meticolosità minuscoli impermeabili prima di farle traghettare da una riva all'altra, dalla sua mente al foglio.

"Le parole sono docili, si fanno prendere, ma a volte si aprono un po', scivolano, come se si prendesse un ragno per le zampe, bisogna stare attenti a non far loro male, rassicurarle con lo sguardo e adagiarle con estrema delicatezza sulla barchina" perché "le parole esigono delicatezza, tempo".

Il lavoro finale è questo libro intenso, mozzafiato nei capitoli conclusivi, un magistrale approdo verso la consapevolezza che chi scompare non torna più ma che il comune vissuto si fa ricchezza dentro di te, che le sue mani si muovono al ritmo delle tue anche quando semplicemente impasti un dolce per i tuoi bambini.

La chiave per continuare a vivere, forse, sta proprio in questo penoso e insieme tenero recupero dei ricordi di una vita, quelli che a pensarli dopo ti strappano un sorriso...Ugo Foscolo onnipresente (proprio lui, il poeta preromantico, tra i primi ad affrontare nelle sue opere il tema della morte e delle Illusioni salvifiche), la rubrica delle Anna ("nella prima pagina di questa tua rubrica ho trovato dodici Anna"), stendere i panni al ritmo dell'Internazionale e quella personalissima interpretazione del nascente femminismo...

Quindi tiri fuori dal cestino i fogli stropicciati e li stiri con le mani per usarli ancora e lì imprimi queste memorie, le salvi dal camion dei rifiuti. Perché "scrivere è solo raccontare" e " non sta nel ricevere la conferma di qualcuno". Serve per vivere, per andare avanti.

Avanti e indietro, in quel sottomarino immaginario, Irene ricorre al trauma della perdita della madre per raccontarne altri, non meno dolorosi, dalla separazione necessaria da un uomo (lo scarafaggio), amato e a cui chiedeva invano amore, il peregrinare con i suoi tre figli alla ricerca di una casa tutta per loro, la ordinaria imperfezione dei loro giorni, la scomparsa precoce di amici cari.

E acqua, aria, alberi a fare da compagni di viaggio, tutto condito da un inatteso umorismo ricco di termini ed espressioni toscaneggianti che rendono la lettura delicata, commovente, partecipata, disvelando nell'autrice originali capacità onomaturgiche.

Allora, scrive Irene, "lascia stare le valigie, non hai bisogno di nulla, solo di te stessa, guardati le mani, quelle sono importanti, niente altro".

Heimat diventano i libri e fuori gli alberi.

Maria Lovito

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