QUADRILOGIA BIANCA di MARINA NOVELLI

28.11.2020

I

Un uomo e una donna sono sdraiati nudi una accanto all'altro.

Il corpo della donna è una cartina tornasole lieve e trasparente.

A guardarla così fragile si ha paura di romperla

e impegna di avvicinarsi con precauzione.

L'uomo è a voce spenta,

ma a ogni movimento di palpebra

si può intuire il suo pensiero,

osceno, quando se l'era trovata difronte.

Muovendo la sua grande bocca rossa lei gli disse che

sprecare quel pensiero fosse la vera oscenità.

Egli a voce spenta non poté che darle ragione,

rapito dalla malia del suo labiale.

Così violò la prima regola

che quelli incalliti come lui

non dovessero intendersela

con quelle come lei.

Avrebbe fatto una stronzata,

si vedeva lontano un miglio che lei non era una da trattare in fretta.

Lei lo stava fissando strofinandosi il collo,

la mano si era fatta strada tra le pieghe dei capelli

che le cadevano a ciocche pesanti sulle spalle.

Lo fece stirando il collo e alzando il mento

e per lui fu come una passeggiata

diretta fin dentro la sua scollatura

e gli liberò inaspettatamente un forte desiderio.

"Allora, mangiami..."

disse il labiale, di lei.

Scandì quel desiderio candidamente, con ovvietà ed egli,

mentre sapeva di doverla respingere

senza più convinzione,

si mosse esattamente all'opposto.

Mangiarono qualcosa, si accoppiarono

e si mangiarono ognuno

nell'appartamento di lei,

una piccola scatola buia e disordinata al pianterreno

con attorno siepi appassite.

L'uomo a voce spenta pensò perché le avesse fatte sfiorire

e il labiale di lei ancora infuocato rispose:

"non ho il pollice verde..."

Lui chiuse gli occhi e lei non capì cosa intendesse,

non riusciva a leggere i suoi pensieri.

Si accoppiarono di nuovo.

Il giorno dopo lui riempì un bustone di sterpaglie tale

che il perimetro della casa divenne disadorno.

Lei un po' ci rimase male perché si era abituata a quell'ingombro,

il suo labiale si curvò all'ingiù.

Lui a voce spenta la trovò intrigante con quell'espressione

e lei non sentì più il bisogno di scusarsi.

Il giorno dopo ancora

l'uomo a voce spenta con le palpebre arrossate dalla calura

smosse la terra e sollevò zolle umide dappertutto.

"Qui ci batte il sole, ci farò un pergolato" pensò.

Lei prese le chiavi di casa e scappò via lasciando la porta aperta.

Al suo rientro

l'uomo a voce spenta aveva piantato della vite sotto il pergolato,

voleva farle sentire il profumo del mosto di uva cotto.

Lei s'inumidì il labiale con la lingua

e l'uomo a voce spenta non riuscì a resistere,

si accoppiarono nuovamente.

L'uomo a voce spenta scavò delle buche profonde,

per piantare bene le radici.

II

L'uomo a voce spenta

stava seduto all'ombra,

nel suo immenso silenzio.

La luce ottobrina passava attraverso il pergolato,

disegnava bizzarri intrecci di linee sulla sua fronte bagnata di sudore.

Ho la pelle sempre più sottile,

gli disse la donna muovendo le sue labbra rosse,

ogni anno si affina e il cuore

mi martella forte come un tamburo.

Vorrei che restassi con me!

L'uomo pensò in un lampo

al tempo che ci avrebbe messo per la raccolta,

la spremitura e la bollitura del mosto,

dopo di ché accettò.

Chi li aveva veduti a parlare

non li pensava una coppia.

Lei non avrebbe potuto mantenere un segreto,

che fosse uno soltanto

e a l'uomo si confondevano i pensieri

come i bagliori di quella giornata,

vibranti tra il fogliame.

La notte dello stesso giorno si accoppiarono,

franchi che fosse veritiero

quello che di loro pensavano tutti.

Il mattino lui si alzò alla buonora

per pigiare i grossi chicchi d'uva

che aveva seminato tempo addietro e raccolto il giorno prima,

nel silenzio il corpo nudo di lei non se ne accorse

e continuò a dormire.

Aprì gli occhi quando il profumo intenso del sobbollire del mosto

entrò tra le pieghe delle lenzuola che l'avvolgevano.

Si alzò per seguire il richiamo di quell'aroma

e trovò l'uomo a voce spenta contento

di esser riuscito nella promessa che le aveva fatto.

Quando spense il fuoco e il mosto smise di sobbollire

il silenzio divenne forte e si sentiva assordante

il martellare nel petto di lei.

Lui le guardò il corpo che traspariva,

ancora poco e di questo passo sarebbe svanita,

se non fosse stato a causa di quel rumore assordante

che la teneva in piedi.

E fu così.

Quando lui stava per andare

gli succedeva sempre qualcosa che lo tratteneva.

Stavolta

pensò che avrebbe dovuto fare il necessario per quell'assordamento,

uno specialista del silenzio come lui

le avrebbe trovato la soluzione migliore.

In comunione con il lievito madre, la farina, lo zucchero,

il tuorlo d'uovo, olio, un pizzico di sale e dell'uva passa rinvenuta, impastò a mano versando come se fosse esplosivo

il composto di mosto raffreddato

poi gli diede una forma tonda, liscia e morbida

che bucò al centro e allargò in modo irregolare per lasciarle a lievitare

fino a quando si fosse richiuso il buco.

Cosa che fece restare lei di stucco,

quando davvero disse che era cosa viva,

l'impasto si gonfiò e tutti quei buchi si richiusero.

Infornarono le ciambelle e

una moltitudine di profumi deflagrò attorno a loro.

Quando furono cotte

si sedettero una difronte l'altro a mangiare quelle prelibatezze

perché il sapore superò di gran lunga

l'aroma che le aveva preannunciate.

Lui le chiese,

come ti chiami?

Lei ascoltò per la prima volta la sua voce,

era inattesa.

Bianca, rispose.

III

Bianca non chiese a l'uomo a voce spenta come si chiamasse

perché era superstiziosa.

Visto, che si era deciso a parlare,

lei sembrava avesse paura.

Non voleva rompere i suoi indugi

di quando lui era a voce spenta

e lei godeva di qualsiasi errore d'interpretazione.

Bianca scoprì che le parole pronunciate da lui

le pativa.

Il tono della voce dell'uomo era roco,

arrivava da profondità che prima

i pensieri gli avevano ben nascosto.

Bianca restò turbata,

lo vide invecchiare a sentirlo e non se l'aspettava.

Ripose tutte le domande che avrebbe voluto soddisfare

e rispose a quelle di lui durante il pasto

circondata dall'aroma stordente del cibo.

Le tracce della vita dell'uomo

si delinearono più chiare di prima

alle fattezze di lei.

Egli un poco si dispiacque,

ma non voleva darlo a vedere.

Il corpo di Bianca era una cartina tornasole e lui si fidava per questo,

non perché avesse le labbra sempre irrorate

e gli piacesse da matti morderle.

Che diavolo può combinare il tono di una voce,

pensò lui dal più profondo ma non lo disse, stavolta,

e un corpo senza tanti infingimenti, aggiunse.

Gli fu impossibile tornare a voce spenta oramai,

ma se non altro diede loro sollievo

da quel martellare che lei aveva in petto

perché a forza di parlare non lo sentirono più, forte,

solo ogni tanto a ricordarglielo.

E di questo lui si consolò perché fu un altro

dei propositi che aveva portato a compimento.

Non vi erano dubbi sul fatto che fosse un uomo di parola

e ora soprattutto,

ma per non vedere più la fragranza del corpo di Bianca

le disse di coprirsi,

come tutti i frutti che in questa stagione

hanno il guscio.

Era autunno.

IV

I due si addormentarono,

lui con una mano sul seno di Bianca

così che controllasse se il petto ancora le martellava forte

e nell'altra una lama

per recidere la vicinanza che cresceva tra di loro.

Tutte le volte che al risveglio

l'uomo a voce spenta muoveva la mano,

sembrava una bocca affamata sul corpo di lei

e allora dimenticava quella lama tagliente.

A Bianca piaceva farsi mangiare dalle sue mani,

manteneva gli arti caduti

e si offriva come un sostanzioso banchetto,

ebbra, desiderosa

per questo era disarmante,

completamente nuda e con gli occhi ancora bendati dal sonno.

Avrebbe voluto dire che gli occhi aperti

potevano pure starci, se volevano,

ma niente a che vedere con l'ascoltare nel buio

la passione che aumenta

ogni volta che il fiato, di lui, si avvicinava.

In questa tale circostanza l'uomo a voce spenta

dovette assicurarsi che il cuore di Bianca fosse abbastanza forte.

Il petto si era ingrossato a forza di colpi

e lui, che assisteva incolume,

pensò bene di parlarle visto, che da quel dì

aveva rotto il ghiaccio e in definitiva non gli era dispiaciuto.

Bianca era priva di guscio

non sapeva mascherare e nemmeno nascondersi un difetto

e l'uomo aveva già troppe rughe sul volto.

Lei si era lasciata coprire.

Quando lui la montò

aveva i polmoni nel torace che le scoppiavano

e l'uomo l'innata attitudine di studiarsi bene il tempo

e anche il respiro

in quello spazio di rivolta consumata assieme

che succede a volte davvero,

così, come ve lo sto raccontando.

Lui si avvicinò con prudenza al suo orecchio,

si distese sul petto che assordava aspettando di franare di colpo.

Chiuse gli occhi e la colpì due, tre volte più forte.

Quando la sua bocca raggiunse l'udito di Bianca,

le labbra disarticolarono qualcosa d'incomprensibile,

sciente di esser loro soltanto a saperne già,

di quelle piccole debolezze.

Marina Novelli nasce a Roma il 18 settembre 1961 e si è laureata all'Accademia di Belle Arti in Scenografia, Arredamento e Costume.
Esordisce professionalmente lavorando nel cinema e nel teatro come Scenografa e Arredatrice a fianco di Mario Garbuglia e al Teatro Eliseo di Roma per la Compagnia di Gabriele Lavia, proseguirà la sua attività artistica come Illustratrice per alcune riviste (LOOP e MONO) e come Fumettista.

Pubblica nel 2010 la sua prima Graphic Novel per la Tunuè, Editori dell'Immaginario, dal titolo "CAMBIO PELLE", come autrice di storia e disegni.
Svolgerà la sua attività creativa tra Roma e Parigi come Illustratrice, Scenografa e Costumista firmando numerose collaborazioni teatrali e cinematografiche, tra le ultime per il film "EDUCAZIONE SIBERIANA" regia di Gabriele Salvatores, tratto dal best seller di Nicolai Lilin e per la commedia teatrale "JE SUIS SEUL (E) CE SOIR" regia di Fabrice Eberhard a Parigi.

Nel dicembre 2015 pubblica il suo primo romanzo "I BANNUNATI" edito dalla casa editrice Alter-Ego. Questo libro è arrivato finalista ottenendo una menzione di merito al Premio Nazionale di Poesia e Narrativa Albero Andronico 2017.

"NON VOGLIO SALUTARE NESSUNO" è il suo secondo romanzo, tra i primi cinque finalisti premiati al Concorso Zeno edizione dicembre 2019 sezione romanzi inediti.

Quadrilogia Bianca: 4 racconti, uno di seguito all'altro, in sequenza, uno stile sfuggente, onirico, complice una punteggiatura quasi assente, sul crinale della poesia. Come nascono questi racconti, cosa ti ispira quando scrivi? Quali sono, se ci sono, i tuoi riferimenti letterari?

QUADRILOGIA BIANCA è una raccolta breve di quattro episodi che tratta del rapporto uomo/donna. Prende il nome dal personaggio femminile, ove l'ambivalenza tra il nome proprio di questa donna e le sue caratteristiche individuali umane, non potrebbe chiamarsi altrimenti, è quasi una conferma.

Questa è una prerogativa con cui amo spesso giocare, quando scrivo.

Sono compiaciuta quando chiamo i personaggi per le loro caratteristiche piuttosto che con un nome proprio, comune, e in questo caso i miei intenti sono coincisi.

Forse perché nella vita reale spesso dimentico i nomi, ma ricordo particolari legati a gesti e modi di parlare, delle persone.

Bianca è una donna che a un certo punto fa "outing" per com'è in sostanza e perché non è un caso che si chiami a questo modo, potrebbe essere che nella vita reale abbia anche un altro nome, potrebbe essere Marina ad esempio, non importa ai fini narrativi.

"L'uomo senza voce" è l'esempio lampante, funzionale ai fini narrativi e peculiari a come lo vedremo muoversi nella storia, ma fino a un certo punto.

Se non lo avessi chiamato a questo modo, la narrazione avrebbe avuto un effetto diverso sul lettore ne sono convinta, ma non svelo altro perché lascio la curiosità di leggerla.

Inoltre è una citazione intenzionale a un poeta contemporaneo che leggo con passione, Francesco Scarabicchi. Sono una donna "appassionata" quando si tratta di poesia che leggo con profondo rispetto. Appassionata di letteratura fantastica, noir, pulp, hard boiled, weird, fumetti, narrativa italiana primi del '900, ma visto che i generi sono per me solo definizioni sterili sento di far torto a un mondo intero esistente che mi è passato tra le mani in forma cartacea, non sono più una giovane donna da tempo.

Due personaggi, un uomo a voce spenta e una donna, Bianca, diafana, fragile, trasparente; un interno mai ben definito, certo un letto, una cucina, un giardino prima abbandonato e poi che rifiorisce. Chi sono Bianca e l'uomo a voce spenta?

BIANCA ha il coraggio di farsi vedere con tutte le sue povertà, il senso della sua figura è fondamentalmente questo ed è anche la forza di questo personaggio.

Mi è piaciuto giocare su di lei e con il suo cuore, a volte organo, altre sentimento ed emozioni e lasciare il dubbio di un suo difetto cardiaco congenito o dell'innamoramento che non nasconde a l'uomo senza voce o delle due cose assieme perché quando ci si innamora in fondo, il nostro cuore si ammala.

"L'uomo senza voce" è fantastico, io stessa scrivendolo ne subisco il fascino e mi ritrovo sedotta. Di Lui viviamo l'impermanenza continua.

Ha bisogno di brevi piccoli traguardi per interagire con Bianca altrimenti si spaventerebbe e fuggirebbe dalle responsabilità emotive, ma è proprio lui che agisce in modo più concreto e poi costruisce, metafore che sono le fondamenta di quella loro relazione stramba.

Tant'è che è proprio egli stesso il primo a voler sapere il nome della donna e accorciare la distanza tra di loro, lei non lo fa.

Nel susseguirsi dei racconti, è suggestivo quel giardino: sterpaglia nel primo, poi pergolato inondato di luce e , quindi, vite nei successivi. Poi addirittura il raccolto dell'uva, il mosto e, infine, le ciambelle. E' l'evoluzione di un rapporto che passa attraverso gli elementi della Natura e del Cibo?

Beh certo, la metafora per eccellenza. Nutrire la terra e attenderne i frutti e cibarsene, "l'uomo senza voce" si trova da fare per non ammettere a se stesso che è curioso. Il mondo maschile ha una caratteristica molto "pratica", il nostro femminile è più cervellotico e mentale.

Quindi sì, accettano taciti ed entrambi l'evoluzione del loro rapporto, usando dei piccoli espedienti.

Anch'io li ho usati per rafforzare il tessuto narrativo di questa storia, raccontata con un linguaggio un po' "sfilacciato".

L'ultimo episodio della QUADRILOGIA è tutto dedicato alla loro sessualità e come sia cresciuta d'intimità tra di loro, nel frattempo, definita nei primi episodi "accoppiamenti".

Se dovessi definire la Quadrilogia dal punto di vista letterario, a che genere la ricondurresti? Hanno un futuro editoriale oltre la pubblicazione sui social? Progetti nel cassetto?

Non so dare definizioni su "stili" o "generi" a me basta soddisfare il bisogno che ho di raccontare storie come le vivo e come le vedo io, con il mio sguardo "... malato, che trattiene tutte le volte visioni fuori dal comune", per usare una mia frase scritta tempo fa.

QUADRILOGIA BIANCA è stata pubblicata dalla rivista letteraria SPLIT e segnalata tra i racconti più piaciuti della stessa settimana da ITALIANBOOKITBETTER.

Fa parte di una raccolta di racconti brevi che già da tempo gira tra le mani di alcuni editori, inoltre sarebbe molto bello illustrare questa raccolta e pure lì potrebbe essersi accesa una piccola fiammella.

A marzo uscirà il mio nuovo romanzo, lo anticipo con tutta la grinta e il coraggio di cui necessita una neo-nascita in questo particolare momento storico e per cui ringrazio la casa editrice che ha avuto fiducia nel mio lavoro creativo.

Ne ho un altro in corso d'opera, una storia pazzesca, visionaria e molto avventurosa dove il mare è il protagonista per eccellenza, l'acqua è l'elemento femminile in un mondo tutto maschile.


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